Fuoco. La grande prosa russa del primo Novecento
i più grandi scrittori di letteratura russa dei primi anni Trenta del XX secolo
€15.00
A cura di Mario Caramitti
traduzioni dal russo di Noemi Albanese, Mario Caramitti, Roberta De Giorgi, Cesare De Michelis, Andrea Lena, Michela Venditti
Aleksej Remizov, Maksim Gor’kij, Ivan Bunin, Michail Šolochov, Michail Bulgakov, Isaak Babel’, Aleksandr Blok, Evgenij Zamjatin, Nikolaj Nikitin, Sergej Budancev, Boris Pil’njak, Boris Pasternak, Vladimir Nabokov
Fuoco. La grande prosa russa del primo Novecento è un volume antologico dedicato allo straordinario momento di fioritura creativa che ha contraddistinto la letteratura russa nei primi trenta anni del XX secolo. I testi sono stati selezionati su base tematica, a illustrare i continui sconvolgimenti socio-politici di un ventennio di apocalisse ininterrotta: il terrorismo, le rivoluzioni del 1905, di Febbraio e di Ottobre, la guerra civile, la fame e le privazioni, l’inizio della persecuzione degli oppositori nella neonata Unione Sovietica. Scrittori di assoluta grandezza come Bulgakov, Zamjatin, Pasternak, Nabokov, Bunin, Babel’ dipingono con travolgente intensità tanto l’orrore che l’eroismo, la brutalità e l’energia, lo sconforto e la speranza, il fascino magnetico e sinistro dell’abbattimento di un secolare ordine di sopraffazione. Con meravigliosi momenti di commozione, ironia e poesia. Dal racconto di Gor’kij ispirato al famigerato provocatore Evno Azef, a capo della più temibile organizzazione terroristica e al soldo della polizia zarista, all’arte di combattere sulla tačanka, l’imprendibile calesse armato di mitragliatrice inventato dal leggendario anarchico Nestor Machno (Babel’). Dalla furibonda corsa ad annientarsi reciprocamente di un treno blindato bianco e uno rosso (Nikitin) a una Pietrogrado gelida e affamata, descritta come un mondo preistorico, dove qualche ciocco di legno vale più di una vita umana (Zamjatin). Straordinario rilievo documentale ha la lettura oltre la verità ufficiale che fa Pil’njak della morte sul tavolo operatorio del comandante dell’Armata rossa Michail Frunze, la prima vittima occulta del terrore staliniano. Tredici straordinari scrittori che, eroicamente o giocoforza, si mettono in gioco in prima persona davanti alla ruota della storia: tre premi Nobel, tre massacrati da Stalin, quasi la metà costretti a emigrare. Accanto a capolavori da lungo tempo fuori catalogo in Italia vengono presentati sorprendenti testi mai tradotti prima. Oltre ai racconti e alle novelle che costituiscono il nucleo centrale dell’antologia ci sono estratti di grande interesse da romanzi leggendari come Il placido Don e La guardia bianca. Al centro del volume la sorpresa di un cuore poetico, il poemetto di Blok I dodici, forse il più fantasmagorico affresco della rivoluzione. Dulcis in fundo, l’unico racconto di Nabokov non ancora mai tradotto in italiano.
Il secondo volume, la cui uscita è prevista per il 2021, si intitolerà Sogni. Le grandi utopie russe del primo Novecento, mentre chiuderà la serie Segni. Le forme dell’avanguardia russa, per il 2022).
Michail Bulgakov (1891-1940), forse il classico russo novecentesco per eccellenza, inventore del prodigioso intrico di fantastico e satira politica che è Il maestro e Margherita.
Isaak Babel’ (1894-1940), il più intenso, vibrante, carnale, poetico interprete della guerra civile, intesa nella sua travalicante e incontrollabile energia elementare. Vittima del terrore staliniano.
Boris Pasternak (1890-1960), tra i massimi poeti del Novecento, si dedica negli anni delle avanguardie anche a una prosa di prospezione autobiografica estremamente densa e innovativa. Premio Nobel nel 1958.
Evgenij Zamjatin (1884-1937), capostipite, con il romanzo Noi, della grande tradizione distopica novecentesca. È tra gli ultimissimi (1931) cui è concesso emigrare.
Boris Pil’njak (1894-1938), autore del più tremendo romanzo sulla guerra civile (L’anno nudo), ha sfidato con irriverenza tematica e estetica i nuovi dogmi, fino a cadere vittima delle purghe staliniane.
Vladimir Nabokov (1899-1977) raro esempio di classico di due letterature (americana e russa), emigrato giovanissimo nel 1918, scrive negli anni Venti e Trenta raffinati e tentacolari romanzi russi (il più celebre è Il dono).
Ivan Bunin (1870-1953), prosatore di grande raffinatezza, nella cui prosa armoniosa e rarefatta vibrano le corde dei classici dell’Ottocento. Emigrato nel 1920, premio Nobel nel 1933.
Michail Šolochov (1905-1984), premio Nobel nel 1965, autore dell’appassionante epopea Il Placido Don sulla guerra civile nelle terre dei cosacchi.
Aleksandr Blok (1880-1921) il più grande poeta della stagione simbolista, autore dell’emblematico e enigmatico poema sulla rivoluzione I dodici.
Maksim Gor’kij (1868-1934), il più celebre degli scrittori realisti prerivoluzionari e quello che in maniera più integrale accetta il portato della rivoluzione.
Nikolaj Nikitin (1895-1963), prima di adeguarsi all’ortodossia del realismo socialista, applica negli anni Venti procedimenti virtuosistici e innovativi ai temi bellici.
Sergej Budancev (1896-1940), originale scrittore quasi del tutto dimenticato, vittima di Stalin, interprete sottile e del tutto scevro di retorica della guerra civile.
Aleksej Remizov (1877-1957), inesausto sperimentatore di forme e generi, tra cui un romanzo sulla rivoluzione disgregato in frammenti (La Russia scompigliata), emigra e vive molto a lungo in Francia.